Longobardorum iuribus vivebatur, sicuti hodie praecipue

Da un documento del '700: una lite tra Clero e Università per le spese di culto

(residui di consuetudini, usi e testimonianze longobarde a Brienza nell'età moderna)

di Mariano Collazzo



La parrocchia di Brienza fa parte, nell'età moderna, della diocesi di Marsico (1). Dal 1710 al 1732, periodo che coincide quasi interamente con la dominazione austriaca nel Viceregno di Napoli, regge la diocesi il vescovo Donato Anzani (2) che, il 4 aprile 1711, indice la prima visita pastorale. Dai conclusivi editti emessi per la chiesa di Brienza (3), è possibile desumere che egli trova "molti disordini, ed inconvenienti". Dalla lettura di questi editti è altrettanto facile desumere, inoltre, che l'Anzani si preoccupa di emanare un complesso di norme volte essenzialmente ad uniformare le chiese affidategli al modello proposto dal concilio di Trento.
Nella prima parte dell'editto l'Anzani prescrive norme minuziose alle quali dovevano attenersi i sacerdoti per la convocazione del capitolo; emana rigorose norme per quanto riguarda il culto divino e le feste ecclesiastiche, affinché vengano celebrate regolarmente e secondo le rubriche ed  il cerimoniale romano; si preoccupa della dottrina cristiana e del suo insegnamento, della cura delle anime; stabilisce precise indicazioni per una giusta amministrazione delle cappelle, dei luoghi pii e dei monti di pietà. Nella seconda parte, per ciò che riguarda i decreta particularia, emana molti ordini per il buon mantenimento delle  chiese e cappelle che, a quanto pare, si trovavano in uno stato di eccessiva precarietà. Tra gli altri stabilisce che i Magnifici dell’Università "infra quatuor mensem restaurem tectum Maioris Ecclesiae Sanctae Mariae, et faciant apponere obices vitreos fenestris eiusdem ecclesie; nec non faciant crustari, et dealbari in facie anteriori ianuae apponere imaginem B.V.M. supra portam, et Crucem in culmine parietis, et opponi portam cum clave in campanile infra tres menses, sub poena decem librarum cerae albae, faciant in super purgare fossas herbis et lapidibus, ad hoc ut aqua facilius in cloacam decurrat, donec aliter provideatur infra mensem, sub poena librarum sex cerae albae", inoltre prescrive loro che "quod infra mensem faciat novum feretrum cum pannorum Mortuorum sub poenis nostro arbitrio"(4).
Poiché questi ordini rimasero lettera morta, nella successiva visita del 13 dicembre 1721, l'Anzani rinnova per gli inosservanti le pene pecuniarie ed arbitrarie particolari e generali contenute nei decreti del 1711 (5).
Il 18 novembre 1723, presso la Curia vescovile di Marsico, compaiono i Magnifici dell'Università di Brienza e presentano un'istanza nella quale si sostiene che poiché è pervenuta loro notizia che "esso lllmo nella visita habbia fatto ordine che essi comparenti havessero fra' lo spatio di due mesi riparato, et accomodato il Campanile della Chiesa Maggiore, e che havessero anco accomodato e pittato il pulpito  in detta Chiesa esistente, come pure havessero  dilatato e profundato  l'acquidoto nella medesima Chiesa sotto pena interdetto, et arbitraria", poiché "ridonda in loro grave pregiuditio" viene precisato che "già mai l'Università ha succumbito a' spesa alcuna", e che "quando ha' bisognato riparo in detta Chiesa, (...) sempre s'è fatto a spese proprie del reverendo Clero di detta Terra il quale gode altri emolumenti da detta Università e, poiché in questi Casi deve attendersi quel tanto, che per lo passato ab immemorabili s'è osservato affinché essi comparenti, e loro successori in futurum non siano pregiudicati, et interessati fare detti ripari, et altri, che potranno avvenire", chiedono che il vescovo revochi tali ordini "con dichiarare essi comparenti, et loro Università immuni da detta pesa con ordinarsi che si faccia da detto Reverendo Clero che sempre quando è occorso è stato solito di farla” (6).
Pochi mesi dopo, il primo agosto 1724, il clero all’istanza presentata dall'Università controbatte che "essendo tenuta l'Università al riparo siccome sempre ab antiquo tempore è stato solito portandosi dal Clero il peso di messe e amministrazione di Sacramenti, et ogn'altro servizio per commodità del popolo, ne' mai la Chiesa, e suoi amministratori hanno portato il peso del riparo, non bastando l'entrate", giacché sempre al "peso del riparo è tenuta l'Università, siccome anticamente quando è accaduto s'è praticato né mai il clero ha portato tal peso", gli esponenti del clero burgentino chiedono al vescovo "che restino fermi li giusti ordini emanati da Monsignore lllmo non potendoli quelli impedire per esser fatti nella santa Visita". Pertanto, "se l'Università pretende il contrario" voglia presentare "legitimi documenti".
La lite tra le due parti, che scaturirà a seguito delle  istanze citate, durerà lo spazio di due anni.
Il 20 luglio 1724 il sindaco ed alcuni al governo dell'Università nominano quale loro procuratore il rev. don Gennaro Molinaro di Marsico Nuovo; l'arciprete, cantore e sacerdoti del clero, con nota del 14 agosto dello stesso anno, nominano loro procuratore il rev. don Bartolomeo Labriola di Brienza (7). Nei documenti presentati nel periodo immediatamente successivo, i rispettivi procuratori confermano le posizioni assunte dalle parti: il 25 settembre 1724 il procuratore del clero continua a sostenere che l'Università è tenuta a rifare la Chiesa, dato che gli ordini del vescovo sono stati emessi in Santa Visita, pertanto "hanno l'esecuzione parata, e non possono impedirsi per altre pretenzioni"; il 6 ottobre il procuratore dell'Università sottolinea la sospensione del decreto ottenuta dalla Curia "per procedere fra tanto nella causa per vederne quid juris";  l’11 novembre il procuratore del clero continua a sostenere che "il vescovo non può impedire l'esecutione" in quanto il decreto emesso è "fondato jure con giusto fundamento essendo che nella santa Visita s'esaminarono l'entrate della Chiesa, e quando le rendite non sono sufficienti detractis necessarijs per li pesi che si portano da Sacerdoti l'Università e Parochiani son tenuti alla rifattione della Chiesa"; nell'istanza del 18 novembre presentata dal procuratore dell'Università si afferma che, poiché il clero non è riuscito a dimostrare che le rendite annue siano insufficienti per riparare quanto elencato in precedenza, il parroco è obbligato "alla rifatione della Chiesa"; il 22 dicembre il procuratore del clero, mediante il sostegno di citazioni di passi veterotestamentari (8) e delle disposizioni del concilio tridentino (9), precisa: "Clerum eiusdem a' Parocho Ecclesiae pinguium redditum Rectorem Ecclesiae pauperis, et sine dote qualjs est ecclesia Matrix dicitae Terrae sub titulo Assumptionis Beatae Mariae Virginis, quae sive nulla, sive pauperem habeat". Viene inoltre sottolineato che con la questione in atto si deve chiarire a chi spetta riparare non il corpo di fabbrica della Chiesa quanto la torre campanaria e le campane che, nellc diverse funzioni religiose vengono utilizzate esclusivamente "'totum commodum... Universitatis". Dunque, il procuratore conferma che "merito eisdem reparatio ad ipsa communìtate, commodum sentientem spectat”.
È nel rispondere a quanto sostenuto dal clero nel documento del  22 dicembre 1724 che il procuratore dell'Università produce la documentazione certa­mente più interessante dell'intero fascicolo.
Nell’istanza presentata il 17 gennaio 1725 (10) il procuratore, pur non andando contro alle disposizioni del concilio tridentino ed abbandonate le ottime testimonianze veterotestamentarie riportate dall'avvocato del clero, punta essenzialmente a rispondere ad un preciso quesito: i parrocchiani di Brienza erano tenuti alla riparazione richiesta della Chiesa? Nel dare una risposta a questo quesito il procuratore dell'Università tende a sottolineare innanzitutto che, pur a voler ammettere che la chiesa non abbia sempre avuto un reddito per la fabbrica e la riparazione della stessa, secondo quanto sostenuto dall'avvocato del clero, la memoria dell'uomo, per quanto abile, non è in grado di stabilire che tale reddito sia stato effettivamente stabilito, "eo magis quia propter lapsum plurimum seculorum quanto talis redditus pro fabrica ecclesiae statutus fuit" (11). ln seguito il procuratore si sofferma su un'interessante dissertazione storica sulle origini di Brienza.
Nulli dubium est Terram Burgentiae esse Antiquissimam, illiusque eccle­ siam vetustissimam, saltem ante annum DCCXXVI, eo qua captolica in his partibus ab incunabulis viguit quo tempore regnabat Carolus imperator Longobardus, aut filius, aut Pater Regis Pipini Franciae, uti questionem inter DD.es, cum tunc Sacrae Leges lustiniani ob incursiones Italiae, a Vandalis, Gotis,et Longobardis haud erant in robore, sed longobardorum iuribus viveba­ tur, sicut hodie praecipue, et tam Terram Saxi, quam Burgentiae confinates vivunt ut colligitur ex hodiernis scripturis eorum Notariorum in quibus legitur mulieres vivere Iure Longobardorum (12).
Viene dunque puntualizzato innanzitutto che la terra (l'oppidum) di Brienza è antichissima; nella prima stesura (cfr. nota 12) viene precisato anche "saltem paulo post intemeratae Virginis partum". In entrambi i casi si precisa inoltre che la Chiesa è antichissima "saltem ante annum DCCXXVI".A tal proposito non è facile stabilire perché si fa preciso riferimento alla data del 726.
È possibile solo ricordare che in quell'anno (quo tempore regnabat...filius... Pipini de Franciae, Carlo Martello, che resse il governo dei Franchi praticamente dal 714 al 741) l'imperatore bizantino Leone III l'Isaurico prende nette posizioni contro il culto delle immagini sacre, dando il via alla loro distruzione, cioè all'iconoclastia. Infine, il procuratore precisa che in quel tempo longobardorum iuribus vivebatur. Leggi e consuetudini longobarde che sopravvivono anche nell'età moderna, come sttolinea l'avvocato dell'Università quando scrive: "...sicuti hodic precipue, et tam Terram Saxi, quam Burgentiae confinantest vivunt ut colligitur ex hodirnis scripturis eorum Notariorum in quibus legitur mulieres vivere iure longobardorum".
Secondo quali leggi longobarde le donne burgentine vivevano anche durante l'età moderna? Quali altri usi e testimonianze la dominazione longobarda ha lasciato a Brienza? Si cercherà di dare una risposta a queste domande in seguito. 
Intanto, voglio concludere questo primo intervento riportando quanto scritto dal Racioppi (13) sulle origini di Brienza: "Origini medievali, più spiccatamente germaniche (...). Il radicale della parola è Brie (14) o Bria, e significa, secondo il Defenback, terra ubi fiunt boni casei. Di qua anche la Brie in Francia, famosa anche essa pei suoi formaggi. Fu dunque Brienza l'originario nome di qualche stazione di pastori germanici, o longobardi, o sassoni. o franchi, e dalla bontà della pascione e dai prodotti delle greggi ed armenti che pascolavano in esse, venne un nome, che vive ancora dopo tanti. secoli...".

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(1) La diocesi di Marsico nel Settecento comprende otto paesi: Marsico Nuovo, Marsicovetere, Viggiano, Saponara (l’odierna Grumento Nova), Sarconi, Moliterno, Sasso di Castalda e Brieza.

(2) Sul vescovo Anzani cfr. G.A. COLANGELO, Cronotassi dei vescovi di Marsico, Potenza, Marsico Potenza e Muro, in Società e religione in Basilicata. Atti del convegno di Potenza-Matera (25.26 settembre 1975), Roma 1978, vol. II. P. 220; G.A. COLANGELO, La diocesi di Marsico nei secoli XVI-XVIII, Roma 1978, pp. 87-109; G. DE ROSA, Vescovi, popolo e magia nel Sud. Ricerche di storia socio – religiosa dal XVII al XIX secolo, Napoli, 1893, 2° ed., p. 36; 36; 63; R. VILLARI, Mezzogiorno e contadini nell’età moderna, Bari, 1977, 2° ed., p. 132.

(3) Archivio Parrocchiale Brienza (APB), Decreti di Monsignor Anzani fatti in S. Visita, Fondo V, Carte dei vescovi e atti della Curia, s.n. Sulla parte generale dei decreti cfr. G.A. COLANGELO, La diocesi… , cit. pp. 201-214.

(4) Idibem

(5) Cfr. APB, Pene e censure incorse dal R.do Clero di Brienza riconosciute da Mons. Ill.mo vescovo nella Santa visita fatta in quest'anno 1721, Fondo V, Carte dei vescovi e atti della Curia, s.n.

(6) APB, Copia dell'Atti dell'Università contra R. Clero per le spese di culto, 1723-1725, s.c. Le citazioni, di seguito riportate, sono tratte da documenti appartenenti allo stesso fascicolo.

(7) un anno dopo, il 13 settembre 1725, il clero, riunitosi in capitolo “nel Choro di S. Maria Maggiore”, in sostituzione del Labriola, elegge e costituisce “per speciale procuratore in detta lite” don Francesco Antonio di Fiore” (APB, capitolo fatto sopra la lite con l'Università 1723, Conclusioni Capitolari, aa. 1678-1861, Fondo II Chiesa Ricettizia, n. 88).

(8) Esodo, capp. 26, 36 e 38; Maccabei, cap. 10.

(9) Sessione 21 cap. 7 de reformatione.

(10) Del documento esiste un'altra copia antecedente, non datata (cfr. APB, Factum, et jus pro universitate Burgentina Contra Rev. Clerum esiudem Terrae, Fondo XII, Cappelle, Legati pii, Ospedale, n. 23). Una sorta di brutta copia. Non si rilevano tra le due versioni sostanziali cambiamenti.

(11) Nella prima versione, tal proposito, viene puntualizzato: “eo magis quia propter lapsum nonaginta seculorum quando talis redditus pro fabrica ecclesiae statutus fuit ...”.

(12) Ecco la prima versione di tale dissertazione: “Nulli later Oppidum Burgentinum esse antiquissimum saltem paulo post intemerate Virginis partum, cum glorietur, glorianturque cives illius ad incunabulis Chatolicam amplexos esse FIdem, ac proimde ecclesiam ipsius esse vetustissimam saltem ante annum DCXXVI quo tempore regnavit Carolus Imperator, aut filius, aut pater Regis Papini de Gallia, uti D.D. disputant, tunc autem sacrae leeges, et recente labores imperatoris Iustiniani ad inundationum Barbarorum qui nostram opprimerat Italian fuerunt aboletae, et Longobardorum Iuribus vivebatur, ut reliquiae vigunt usque, hodie presertim in terra Saxi, et Burgentiae, ut alligitur ex scriptoris etiam modernis per eorum notarios stipulatis in quibus legimus: Muliera satarum terrarum vivere, ire longobardorum (…)”.

(13) G. RACIOPPI, Storia dei popoli della Lucania e della Basilicata, Roma, 1889, vol. II, p. 38.

(14) “La spiegazione del Racioppi” - nota opportunamente Antonio Capano – “si riallaccia, (…) con riferimento al nome attuale, alla radice germanica Brie, cacio, per l'abbondante produzione casearia del posto punto tale interpretazione viene riportata anche dal Gattini (C.G. GATTINI, Delle Armi d’ Comuni della Provincia di Basilicata, Matera 1910, pp. 14-15”. (cfr. A. CAPANO, Brienza, Vicende storiche e beni culturali, appunti per una ricerca, in AA.VV. Beni culturali e storia a Brienza e nel suo territorio, catalogo della mostra Brienza 10 agosto – 10 settembre 1988, a cura di Antonio Capano, Agropoli, 1989, p. 13n).

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