L'OMICIDIO DI LUIGIA D'ELIA (1812)
Il 26 ottobre 1812 fu rinvenuto, nella sua abitazione, il corpo senza vita di Luigia D'Elia, figlia di don Gerardo D'Elia (vedi post precedenti: L'inventario dei beni del Magnifico Gerardo D'Elia 1 e 2).
I sospetti si appuntarono immediatamente sul marito, Filippo Viscardi, unico convivente della donna, giacché la coppia era senza figli.
Gli atti del processo per l'omicidio di Luigia sono conservati presso l'Archivio di Stato di Potenza, Gran Corte Criminale, 1233.
Tali documenti hanno costituito la base storica per il racconto Il massacro di donna Luigia (1812), contenuto in Ottocento e una storia. Cronache semiserie dal secolo lungo di Dino Collazzo (etCetera libri, Brienza 2021).
Pubblichiamo di seguito la prima parte degli atti del processo.
OMICIDIO D’ELIA
NARRATIVA DEL FATTO
Fra le altre famiglie civili che esistevano nella cennata Comune di Brienza, una si era la già estinta del signor D'Elia. A questa si apparteneva la nominata signora Luigia D'Elia figlia del fu [Gerardo] che era stata l'ultima a trapassare, e che alla civiltà del sangue non discompagnata da corrispondenti finanze aveva saputo con somma sua gloria unire tutte le qualità e virtù morali che rendono una donna buona per la società, migliore per la sua famiglia, ottima per sé; in modo che ha meritato gli applausi di tutti i suoi concittadini; che l'hanno sempre rispettata e onorata.
Costei a 25 di novembre dell'anno 1779 in cui contava l'anno 27 di sua età, passò a marito con un giovane di anni 19, suo paesano, di nome Filippo Viscardi, il quale altro non vantava una nascita uguale alla sua, per essere di una inferiore estrazione.
Con lo stesso ha ella vissuto anni 33 senza mai aver parole, ragion per cui la famiglia non contava che di essi due.
Domestici fissi in casa rare volte hanno tenuto, come non ne tennero nel passato anno 1812, atteso che si avvalevano delle opere di talune persone di loro fiducia secondo il giornaliero bisogno. E perciò che di notte in loro casa all'infuori di essi niun’altro vi era.
Or nelle prime ore della notte precedenti al dì 26 ottobre dell’anzidetto anno 1812 avvenne che la D'Elia fu dentro la sua casa barbaramente massacrata con replicati colpi di accetta e di coltello.
L'oscurità della notte, il tempo non buono, e la solitudine della casa fecero comparire di difficile prova un misfatto così eclatante.
Presasi la disposizione del Tribunale …. ne dimandò la liquidazione ed il castigo.
Questi (Filippo Viscardi) depose come la sera del 25 dell'enunciato mese, essendosi a circa le 24:00 (le ore 17,00 ndr), come il suo solito ritirato in casa, diede quelle disposizioni che stimò necessarie per il buon governo della medesima ed indi ai tre quarti di ore di notte si portò nel castello ex baronale, sito vicino alla sua abitazione, all'oggetto di potere avere taluni cerchi di botte dall’agente signor Nicola Casale. L’aver però trovato costui dedito al disbrigo della posta, ed affollato da gente, che attendeva la fine della medesima per parlargli, furono per lui di freno ad avanzargli le sue preghiere. Vedendo poi che l'Arciprete signor Saverio de Rosa e il di costui cognato Giovanni Ferrarese, che colà ritrovò, poco dopo si licenziarono e partirono; il Viscardi con intenzione però di ritornare volle seguirli, ad oggetto di introdurre in sua casa l'anzidetto signor Arciprete, che si diletta accomodare orologi. Infatti il signor arciprete a sue preghiere prestatosi, si compiacque, ed entrò in casa del Viscardi insieme con il Ferrarese. Poco però si trattenne, imperocché avendo egli veduto che l'operazione non poteva farsi di notte, restando in concerto sì glielo avrebbe portato in casa il giorno appresso, dopo taluni complimenti sì parti unitamente col Ferrarese. Il Viscardi e sua moglie usandoli dell'attenzione l'accompagnarono con dei lumi accesi, rimanendosi quella al limitare del portoncino, e seguendolo il Viscardi vari passi. Come poi il signor De Rosa e il Ferrarese furono di molto avanzati al di sotto della matrice chiesa, così la D’Elia se ne entrò in casa ed egli Viscardi ritornò nel castello con lo stesso lume acceso nelle mani. Colà si trattenne fino a circa le 02:30 d’Italia (le ore 21,30 ndr). Indi disbrigatosi col signor Casale, presa la licenza e si ritirò. Per strada il vento smorzò il lume. Giunto avanti al suo portoncino vide con ammirazione che lo stesso era aperto. Entrò e vide che la cucina e l’avanti cucina erano desolate. Chiamò sua moglie e non ebbe risposta. Riaccese dunque il lume e si avvide che la cataratta che porta alle stanze sottane era aperta. Suppose dunque che la moglie fosse calata a basso. Si avvicinò quindi alla cataratta, la chiamò di nuovo, ma neppure si sentì rispondere. Quindi entrò nel quarto e nella stanza trovò l'infelice sua moglie morta uccisa tra un letto ed un cassone. Inorridito e spaventato uscì fuori chiamando aiuto.
Alle grida accorse il detto signor Casale e due suoi guardaboschi, tutti e tre armati di archibugio. Questi fece impostare uno intorno alla casa e a terrore tirarono un colpo dentro la medesima. Frattanto accorsero degli altri vicini ancora ed entrarono anch'essi a vedere quella tragica scena. Rimasto poi esso Viscardi assistito da taluni vicini, passò il restante della notte in pianti e crepacuori. La mattina poi del giorno 26, fatte delle diligenze, si avvide che la sua disgrazia non si restringe alla perdita della sola moglie, ma di diversa roba ancora. Imperocché si trovarono scassati una cassa e tutti li foderi, ossia tiraturi di una scrivania, e dalla prima involati due zaini di moneta di regno, uno cioè pieno di moneta di rame di varie sorti, ed un altro semipieno di moneta in parte di rame e in parte d‘argento. Nel primo dei quali vi era il valore di circa lire 88 e nel secondo quello di lire circa ….
Conchiuse finalmente Viscardi questa sua dichiarazione che la moglie era stata uccisa per causa di furto, e con furto nell’atto ch’egli trovandosi nel Castello: e che si riservava di somministrare in un foglio separati tutti quei lumi che potevano condurre alla scoperta dei rei, ch’egli ama veder castigati a norma delle leggi.
Procedutosi alla perizia tanto del cadavere quanto dell’esposte scassazioni, si liquidò:
1° che sulla periferia del detto cadavere eranvi diverse ferite, alcune però cagionate di fresco ed qualche giorno prima;
2° che talune di esse erano state fatte a colpi d’accetta e talune anche a colti d’istrumento tagliente e pugnale, ed altre infine da istromento
3° ...
4° che quelle fatte di fresco erano nove; … La seconda nella destra parte della gola inclinata verso il … ed elevata verso il destr’orecchio della lunghezza medesima, … la terza similmente nella gola, ma nel lato sinistro, e proprio verso la parte centrale della clavicola, della stessa lunghezza, larga poi circa un dito e mezzo, e profonda sino alla sottoposta vertebra; la quarta sopra la clavicola sinistra lunga un dito e mezzo …
5° che quelle fatte qualche giorno prima erano le rimanenti cioè la decima sul braccio sinistro con la … fino alla duodecima
6° che di queste tutte la 1, 2, 3 4, 7 ed ottava era state cagionate con accetta, la 5,6 e 9 con istromento pungente e tagliente, le altre tre da instrumento contundente, … e tagliente
7° che le sole prime tre erano mortali e che quindi per causa delle medesime la D’Elia se n’era morta;
8° che nel capo tanto esternamente quanto internamente non vi era cos’alcuna di preternaturale;
9° che nella parte esterna del torace e proprio in quella superiora alla sinistra mammella vi era due … negrose, che furono giudicate l’effetto della cominciata risoluzione;
10° che la superficie dell’addome era coverta di una fascia livida, che principiava dal colon nel destro ipocondrio e passava al sinistro sino alla piegazione del colon medesimo imboccandosi nel cieco, e fu giudicato oggetto del sangue principiato a sciogliersi; atteso le intestina furono ritrovate nello stato loro naturale;
11° che lo stomaco conteneva cibo antecedentemente deglutito che di pasta azzima perforata, porzione della quale aveva … a subire la forza meccanica dello stomaco; (periti Antonio Palladino, Marziale Iannelli, Nicola Sgrillo)
12° che tutte le porte, finestre, casse, tavolini stipi ed altri oggetti di legno esistenti nella casa della uccisa erano illesi ed intatti; all’infuori di due casse, una delle quali esistente nell’avanti cucina aveva … buchetti nella tavola di avanti; uno cioè capace a ricevere la punta di un dito anulare e gli altri sei più piccioli, che apparivano fatti di fresco, il primo però con palla e gli altri con capriotti di piombo .. con colpo di arma da fuoco; e l’altra esistente nell’ultima stanza .. quarto nuovo, che aveva il coverchio rotto, ossia spaccato in due parti da lungo a lungo, delle quali una parte era rimasta attaccata alle … e l’altra alla mascatura con cui si trovava chiusa; (periti Vincenzo Lentini, Luigi Lentini)
13° che tutte le mascature ed altri oggetti di ferro esistenti nella casa erano similmente intatti ed illesi;e che soltanto in una scrivania sita nell’anzidetta ultima stanza del quarto nuovo tutt’i foderi, ossia tiraturi in essa esistenti ed ascendenti al numero di sei erano aperti, che le loro rispettive mascature intatte , e coi … in fuori, ossia della maniera che stanno allorché sono chiusi; ma in parte però distaccate da detti poderi, e schiodate nella parte superiore di quei piccioli chiosa, ossia … da scatola, con le quali le mascature si erano state attaccate; per cui fu giudicato che i detti foderi erano stati scassati non col … ma o con l’aprirli prima tutte e poi schiodare le mascature e volgere nuovamente i travetti, come si è detto, oppure col tirare violentemente la chiave di ciascuno di esso , o qualche altro simile istromento adattatosi senza girarlo. (periti Cataldo Lopardo, Vincenzo Bruno).
Alla perizia seguì l’esame dei testimoni sulla esistenza o mancanza nonché sul conquesto del Viscardi. Questi come furono unisoni intorno al conquesto così furono discordi per il rimanente. Infatti fuvvi chi prestò credenza ad un tal furto, e perché li costava di veduta la esistenza se non in tutto in parte almeno dell’enunciato danaro, perché sapeva che il Viscardi era una persona quanto decorosa altrettanto onesta ed incapace a mentire. (testimoni Rocco Canuso, Primo Macchia, Anna M. Menafra)
All’opposto furonvi degli altri che stimarono il contrario, e giudicarono affrettato il conquesto e chimerico il furto. (testimoni Cataldo Petrone, Rosaria Perrelli)
Datosi moto all’informazione, si videro apparire due tracce, le quali sono state con ugual energia ed impegno percorse, ad oggetto di giungere alla scoverta del reato. Di quest’una, che fu figlia di una pubblica voce, imputava allo stesso marito questo eccesso di empietà. E l’altra somministrata dal querelante Viscardi guidava contro taluni zingari, che in quella notte trovavansi alloggiati in casa di Giuseppe Lovito, altrimenti detto di Porzia, che sostenevasi correo di tale misfatto.
E l’una e l’altra di queste strade fu percorsa nel prosieguo della istruzione preliminare. I loro rispettivi risultati poi sono quelli che si andranno man mano sviluppando da capo. E cominciandosi dalla prima è da notarsi come dalle deposizioni di taluni testimoni notava che: (testimoni Serafina Fiorillo, Luigia Fiorillo, Felice Viggiano, Anna Falce, Sign. Candida Ferrarese, sign. Arc. De Rosa, Michele Russo, Caterina Altavista, Domenico Di Marsico, Corrado Colangelo, Vincenza Giordano, sig. Cataldo Ferrarese, Giuseppe Paladino).
Un matrimonio conchiuso con tanto piacere, quale fu appunto quello fra il Viscardi e la D'Elia fu da ognuno creduto che avesse dovuto costituire la felicità degli sposi; ma non fu così. Imperocché o che fosse stato per effetto di cattiva indole del Viscardi o perché contro la di costui aspettativa, essendosi travata sterile la D'Elia si vide mancare la prole, che quegli desiderava, e che suole essere il frutto più desiderato degli amori coniugali, o che invischiato il Viscardi nella rete di una tale Teresa Sasso, con la quale cominciò ad avere dell’illecito commercio, avesse cominciato a nauseare la moglie; o che finalmente la età più avanzata della sposa avesse nello sposo più giovane risvegliata una nausea verso di quella; cominciò il Viscardi a concepire dell’odio verso di quella.
Quindi avvenne, essi dicono, che malsoffrendola cominciò a trattarla non già da moglie, ma da serva, anzi da schiava, ponendola come suol dirsi “di banna”, e togliendole sin’anche l’amministrazione interna alla casa, malgrado la maggior parte della roba, che loro somministrava una non indifferente rendita annuale, si fosse appartenuta alla D'Elia, la quale oltre della dote aveva portato in casa del marito un retaggio bastantemente pingue. (testimoni Serafina Fiorillo, Luigia Fiorillo, Caterina Menafra, Angese Menafra, Anna Altavista, Maria G. Tofalo, Rosa Medolla, Anna Falce, Carmina Fiore, sign. Cataldo Ferrarese, sign. Candida Ferrarese, Giuseppe Paladino).
Che con delle minacce indicava ciò che covava nel cuore, ora dicendole: “Accettate, che perdono tempo; all’anima di chi non l’accide; Io saccio che ha da essere; A la vota de lo .. tu m’hai da fa passà nu guaio; ed ora altre con simili parole proferendo. (testimoni Serafina Fiorillo, Luigia Fiorillo, sign. Catalda Ferrarese, sign. Candida Ferrarese, Anna Falce)
Che dalle minacce passò a dei maltrattamenti reali, che replicate volte per punt’inetti le ha inferti dentro la propria casa, prendendola or a calci, e pugni, od a colpi di mazza, ora di sedie, tizzoni ed altri, che in mano si trovava; e quindi gli altri infertile una volta dentro la casa del fu sign. Paolo Curto, dov’era la D'Elia si era andata a ricoverare, ed un’altra in casa dei signori Ferrarese dove le corse appresso armato di schioppo, e male intenzionato. (testimoni gli stessi nonché Cataldo Petrone, Angela Rosa Iacovo, Antonia Menafra, Carmina Fiore, Vincenzo Coppola, Cataldo Colangelo, Rosa Medolla, Cataldo Lopardo)
Che la D'Elia faceva delle doglianze or con uno, or con un altro confidando a questi le sevizie ed a quell’altre battiture, che riceveva estrinsecando or al parente il pericolo della vita, in cui si trovava, ed or al vicino la vita infelice ch’ella marcava palesando una volta agli amici, ch’ella contentavasi d’essere povera e non avere un marito così barbaro; ed un altro confidente che una mattina dovevano trovarla uccisa sul suolo. (testimoni sig. Saverio de Rosa, Serafina Fiorillo, Luigia Fiorillo, sign. Cataldo Ferrarese, sign. Candida Ferrarese, Anna Altavista, Maria G. Tofalo).
Effetti delle cause medesime erano i pianti, che faceva talvolta dentro la propria casa, e de’ quali poi per prudenza si asciuttava prima di uscire; nonché i sospiri ch’esalava in narrare tali sue disavventure; talvolta la caricava di ingiurie verbale, ora chiamandola …, ora Tabbacciola, ora Mezzamedolla, soprannomi questi che indicano in detta Comune talune prostitute donnacce della più vile feccia del popolo.
Che anni addietro la D'Elia se ne fuggì in casa di Felicia Colangelo, sita vicino alla Madonna della Grazie alla Torricella, dove timida, e spaventata stette nascosta per lo spazio di tre giorni continui.
Che la stessa più volte deliberò volersi separare dal marito, e ritirarsi nelle case sue; deliberazione questa che ha … tentata eseguire con l’essersi talune notti allontanata dalla casa del marito portandole nella casa dei vicini per averle pronto…
Che spesso si raccomandava alle orazioni del Padre Spirituale or degli altri devoti.
Che il Viscardi non faccia mangiare a tavola con lui la sua moglie, e trattarla in questo ramo ancora come se fosse stata una serva o una delle più vili del paese.
Che talvolta D’Elia deliberò di volersi fare un nuovo testamento e disporre in favore di altri …
La triste vicenda di donna LUIGIA D' ELIA , già conosciuta in "OTTOCENTO E UNA STORIA" di Dino Collazzo, ci porta a riflettere sulla triste condizione della donna,
RispondiEliminaLuigia, di buona famiglia, un po' attempata(27 anni) si unisce in matrimonio con Filippo Viscardi (19 anni). Sicuramente un matrimonio d'interesse, che viene tristemente condizionato dalla mancanza di figli. Col passare del tempo la differenza d'età diviene più evidente, il marito non sopporta più la moglie per la sua sterilità e per la mancanza di avvenenza; iniziano le offese, i maltrattamenti, le percosse, i tradimenti e credo anche l'omicidio, anche se non sarà mai provato.
Quanta tristezza suscita la vita di questa donna!
Negli atti del processo la sua storia sic et simpliciter ci appare più cruda, non mitigata, umanizzata come in Ottocento e una storia.
Grazie Anna
Elimina