IL TESORO DI LITTERIO

 I GIOIELLI, GLI ORI E GLI ARGENTI DEI CARACCIOLO

Il 30 maggio del 1773 Litterio Caracciolo[1] affidò ai gioiellieri Giuseppe Bonetti e Giovanni Miccione l’incarico di redigere l’inventario generale di tutte le gioie esistenti presso la “Illustre casa di Brienza”, “consistenti in due intieri concerti, ed altre gioie sciolte”. Nelle intenzioni di Litterio, l’inventario era destinato alla “maggior intelligenza de’ successori e per l’accerto della verità”.
Oltre ai due “concerti”, fu repertato e descritto tutto quanto era stato oggetto della donazione fatta nel 1722 da donna Teresa Pinto[2] a beneficio di suo figlio, don Domenico Caracciolo, IX marchese di Brienza e padre di Litterio, e alla di lui moglie donna Imara Ruffo[3], ovvero “di alcuni rubini, diamanti bozzetti e fiamenghi, in altra foggia ligati, che al presente vengono confusi nel 2° concerto”. Anche “alcune gioie, che direttamente appartengono all’eredità della fu donna Lavinia Bonelli Marchesa di Brienza[4], che morì con figli, e di altre che spettano all’odierna Marchesa di Brienza donna Sofia Ruffo[5] ambe mogli dell’odierno X Marchese di Brienza” rientrano nel catalogo. Tutti i gioielli furono descritti “colla spiega della qualità, numero, peso, carati e prezzo delle rispettive pietre, non eccettuate le manifatture”.
La maggior parte dei gioielli era stata realizzata “dall’odierno D. Litterio Caracciolo, di proprio suo danaro, comprate da volta in volta le pietre, in occasione del suo Primo e 2° matrimonio, sebbene la spesa significante di dette gioie la fusse stata quella del secondo casamento”. Voleva, con ciò, Litterio che “ogni legittimo possessore di esse gioie a colpo d’occhio sappia la valuta di sua robba, e come debba disporne, e così togliere di mezzo le capricciose lite che tra posteri potrebbero insorgere; onde buona parte di dette gioie, o pur tutte, trasmigarsi nelle case de’ Paglietti / lontani sian sempre gli auguri /”.
L’inventario, facente parte del fondo dei Caracciolo di Brienza, conservato presso l’Archivio di Stato di Napoli, non è solo una delle tante testimonianze della grande sensibilità di Litterio per le belle cose e della ricchezza della sua famiglia. Il notevole interesse del documento, difatti, risiede nel fatto che i gioiellieri incaricati dell’apprezzo arricchirono l’inventario con disegni molto accurati dei due “concierti”, uno composto principalmente di diamanti e l’altro di rubini, che erano i due pezzi forti dell'intero compendio.
Il primo apprezzo riguarda dunque un “concerto” o sia “indrizzo de diamanti brillanti consistenti in goglié, nocca, fiocco, pezzi tre e tre laterali che si sciolgono, un paio di orecchini, tuppo, due ciappe, due manizze, cinque spilloni, un anello e ricordino, questi ultimi due regalati alla Sign. D. Sofia Ruffo Marchesa di Brienza, composto dalle seguenti pietre, fatto da D. Giovanni Miccione Gioielliere, in occasione del secondo matrimonio di D. Litterio Caracciolo, Marchese di Brienza con detta D. Sofia”.
Nel “concierto” erano compresi brillanti “grossi antichi di casa, sciolti colle gioie fatte dal Sig. D. Litterio in occasione del suo primo matrimonio con D. Lavinia Bonelli, più a concia d’Olanda che d’Inghilterra”; 396 altri brillanti “mezzani e piccioli antichi di casa”, 555 altri “mezzani a concia d’Olanda comprati da D. Carlo Gusumpaur”, 93 “altri piccioli”, un altro “mezzano a concia d’Inghilterra”, 36 mezzani “comprati da D. Francesco Lalò”, 160 altri “mezzanelli e piccioli”, per un totale di 2777 pietre preziose, stimate in 8.555 ducati.
Un brillante “grosso” era “servito per l’anello regalato alla Sig.ra Marchesa, comprato da D. Carlo Gusumpeur a concia d’Inghilterra”, con 16 altri brillanti mezzani e piccioli, del valore di 226 ducati.

Il “goglié” (collier), composto da 1495 “grani”, di cui 9 brillanti grossi, 32 mezzani e 1454 mezzanelli e piccoli, consistente in “nove pezzi, cioè nocca, fiocco, amendola, e tre e tre laterali, che tutti si sciolgono”, del valore di 4363 ducati, era costato 700 ducati per la sola manifattura.


Un paio di orecchini “di brillanti 622, grani 216, consistenti in cinque pezzi, cioè rosetta, nocchetta, e tre amendole, che tutti si sciolgono”, valevano 2.545 ducati.


Il tuppo era composto di 293 brillanti, “consistente in una nocchetta e rosetta in mezzo, ed undici penne tremolanti” (valore 776).

Completavano il ricchissimo insieme cinque spilloni composti da 65 brillanti mezzani e piccioli (185 ducati di valore) e due ciappe con 160 brillanti (297 ducati)

“due manizze con ritrattini de’propri figli D. Cataldo e D. Domenico”, con 100 brillanti mezzanelli e piccioli (457 ducati), un anello composto di 17 brillanti, “regalato dall’odierno Marchese in tempo di affida alla Sig.ra Marchesa D. Sofia”, con 1 brillante grosso e 16 mezzani e piccioli (234 ducati) e, infine, 


un “ricordino composto di 25 grani brillanti, regalato dal Sig. Marchese alla Sign.ra Marchesa” (47 ducati) 

Il valore di tutto “l’indrizzo de’ brillanti compresa anche la manifattura” era di 9.669 ducati.

Il secondo apprezzo riguarda “rubbini e diamanti bozzetti e pochi fiamenghi e perle consistenti in goglié, nocca, fiocco, ed un paio di orecchini, tuppo, due ciappe, due manizze, dodici spilloni ed una penna di perle, fatto dal gioielliere D. Giovanni Miccione”, composto da 2305 diamanti, di cui 9 “esistenti nell’anello regalato alla Sig.ra Marchesa D. Sofia dal fu Sig. D. Gennaro Abbate Caracciolo zio di sso Sig. Marchese D. Litterio”, 264 rubini, 35 perle, per un valore di 2.941 ducati.


Si componeva di: un "goglié" con 953 diamanti "bozzetti" e 105 rubini, in nove pezzi, del valore di 11.687 ducati, un paio di orecchini con 316 diamanti e 32 rubiti in 5 pezzi (rosetta, nocchetta e tre amendole), del valore di 2.256 ducati








un paio di orecchini con 316 diamanti e 32 rubini in 5 pezzi (rosetta, nocchetta e tre amendole) del valore di 2.256 ducati, un “tuppo” composto di 137 diamanti e 68 rubini (con nocca, rosetta e undici penne tremolanti) (352 ducati)


due ciappe con 147 diamanti e 20 “rubbini” (179 ducati)






due “manizze” con 278 diamanti e 26 rubini (248 ducati) 








12 spilloni con 108 diamanti e 12 rubini (203 ducati)
una penna di perle in cinque pezzi con un diamante grosso (493 ducati)

un anello con “rubbino grande in mezzo contornato di brillanti regalato da D. Gennaro alla Sig.ra Marchesa con brillanti mezzani” (113 ducati).


L’importo di tutto “l’indrizzo colla sua manifattura” era di 3.846 ducati.Furono alla fine repertati, stimati e descritti 2.305 brillanti, 264 rubini e 35 perle che, insieme con l’oro e l’argento che componevano i gioielli, furono complessivamente stimati in 14.087 ducati. Per comprendere a pieno il valore di tali ricchezze, basti pensare che nel 1690, quando Carlo Giuseppe, VIII Marchese di Brienza e nonno di Litterio, ricomprò gli interi feudi di Brienza e Pietrafesa – compresi quindi tutti i diritti e i terreni feudali e lo stesso Castello di Brienza - da Francesco Maria Campione (al quale era stato costretto a venderli sei anni prima perché oberato di debiti), pagò per entrambi la somma di 80.994 ducati.

1. - continua







[1] Giuseppe Litterio Caracciolo nacque a Messina il 7 aprile del 1725 da Domenico e da Imara Ruffo e morì il 12 luglio 1807. Sposò in prime nozze Lavinia Bonelli di Roma e, dopo la morte della prima moglie, Sofia Ruffo di Bagnara, principessa di Spinoso. Ereditò, oltre a quelli del padre, i beni della madre (fra cui i feudi di Melito e Pentidattilo che vendette subito per ripianare i debiti della famiglia paterna), della nonna, Teodora Alberti e dello zio, l’abate Gennaro (1697-1770). Grazie a tali lasciti cospicui, Litterio fu in grado di coltivare la sua passione per le arti, testimoniata non solo dalla gran quantità di dipinti che portò con sé nel castello di Brienza (beni provenienti dall’eredità della madre e della nonna), ma da una autentica devozione per l’oreficeria e i gioielli.

[2] Donna Teresa Pinto y Mendoza (1663-1755), figlia di Emanuele Principe di Ischitella e di Geronima Capece Bozzuto, aveva sposato Carlo Giuseppe (Brienza, 1660 – Napoli, 1720), VIII Marchese di Brienza e I Principe di Atena.

[3] Imara Ruffo (1701-1754), figlia di Francesco Duca di Melito maritali nomine e di Alberti Duchessa di Melito e Marchesa di Pentidattilo.

[4] Figlia di Francesco, duca di Salci e di Anna Vittoria dei Conti di Anguillara, andò in moglie a Litterio nel 1745 e morì nel 1759. Dei sei figli nati dal matrimonio, solo due sopravvissero all’infanzia: Teresa, che sposò Gaetano II Sforza Cesarini, e Vincenzo Maria, IV Principe di Atena. Vincenzo, che era nato a Brienza nel 1753 – a testimonianza dei lunghi periodi trascorsi da Litterio a Brienza che predilesse tanto da imporre alla seconda moglie con un apposito articolo dei capitoli matrimoniali di viverci – morì a soli 23 anni.

[5] Sofia Ruffo di Bagnara (+ 1809), figlia di Litterio Duca di Baranello e di Giustina Colonna Romano Principessa di Spinoso.

 

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