BRIGANTAGGIO A BRIENZA 1862
LA CONDANNA A MORTE DI
FRANCESCO DI MARE
Il 23 dicembre del 1862, fuori il Ponte Nuovo, Francesco Saverio Di Mare detto Tubbellone fu fucilato dopo confessato e assistito, all'esito di un processo sommario. La condanna a morte fu pronunciata da una Commissione di Guerra composta dal Sindaco Raffaele Perrelli, dal Capitano della Guardia Nazionale di Brienza, Alfonso Giampietro, e da Gabriele Iannelli, Luogotenente della stessa.
Francesco Di Mare era qui nato il 6 febbraio 1842 in una casupola di Maschito. Era figlio di Catalda e di padre incerto. Con loro vivevano le zie Agnese e Irene e la cugina Mariantonia, figlia di Agnese e anch'ella di padre ignoto. Non è arduo immaginare che la famiglia, in cui due sorelle avevano procreato fuori dal matrimonio, vivesse in condizioni di gravissimo disagio economico.
Nello Stato delle Anime del 1856, accanto al nome di Francesco fu annotato: Morto fucilato dalla Giustizia, come Brigante in conflitto oggi stesso 23 Xbre 1862.
L'arciprete don Cataldo Perrelli, lo stesso giorno dell'esecuzione della condanna, lasciò un breve resoconto dei fatti Per futura memoria dei posteri. Secondo il testimone dell'epoca, Francesco Di Mare era giunto a Brienza insieme con altri tre briganti, frazione della banda brigantesca del facinoroso Crocco. Due erano soldati dello sciolto esercito borbonico di San Fele; il terzo era uno di Francavilla che si diceva essere preso dagli stessi.
Quattro giorni prima, i quattro sbandati si erano resi autori dell'omicidio di don Giovanni Parrella, galantuomo di Salvia. Si erano quindi trattenuti in una casina in tenimento di Sant'Angelo le Fratte di proprietà della famiglia Giachetti. Erano quindi giunti, verso la mezzanotte, nella masseria di Luigi Paternoster all'Ischia. Mentre si scorticavano una capra, era giunto nei pressi della stessa un drappello della Guardia Nazionale, rinforzato da tre Carabinieri Reali, che aprirono il fuoco. Il conflitto armato durò circa tre ore. Alla fine, rimasero uccisi i tre compagni di Di Mare. Unico sopravvissuto, Francesco fu fatto prigioniero. Il giorno dopo, il Tribunale pronunciò la sua condanna a morte. I corpi dei quattro brigati furono esposti per due giorni sul piano del Convento al pubblico esempio, dopo di che i tre impenitenti furono sepolti nel letto del fiume a San Giacomo e propriamente sotto il piede delle .... di S. Antonio. Francesco, che aveva accettato di confessarsi, fu invece sepolto nel Camposanto.
L'appunto dell'Arciprete Perrelli è riportato qui di seguito.
Si nota che ieri sera giungevano in questo tenimento quattro briganti, frazione della banda brigantesca del facinoroso Crocco nella boscaglia di Monticchio. Verso le ore 20:00 passavano per le casine di Colangelo Pasquale a Serra…. per quella di don Raffaele Paternoster quivi e dall’Ischia verso le ore 22 e 23:30 e poi verso le ore 24 si riponevano nella masseria di Luigi Paternoster all’Ischia. Essi erano dei soldati dello sciolto esercito borbonico di San Fele, uno di Francavilla che si diceva preso da’ quattro stessi e che andava vendendo puntine a pizzilli e l'altro a nome Francesco Saverio Di Mare, Tobollone di qui.
Brienza 23 dicembre 1862 Sac. A. Perrelli
E' giunto fino a noi anche il verbale dell'interrogatorio che Francesco Di Mare rese dinanzi ai giudici che lo giudicarono.
Francesco affermò che due mesi prima si era recato a Ruvo del Monte per lavorare. I briganti della banda di Crocco lo avevano catturato nel bosco di Lagopesole e per fuggire la morte aveva accettato di unirsi a loro. Venti giorni prima della cattura a Brienza, approfittando di una sconfitta avuta dalla truppa e dalla Guardia Nazionale, Francesco si era quindi allontanato dal resto della banda. Con lui era fuggito un compagno di Francavilla, di nome Salvatore e di cognome a Francesco sconosciuto. Prima di giungere nelle campagne di Sant'Angelo le Fratte, ai due si erano uniti Donato Chinicavo e Donato Fascillo, soldati sbandati del passato governo, di San Fele, che erano a cavallo presso Crocco, andavano per le campagne e per fine di cambiare il governo e per rubare.
Francesco affermò che da Sant'Angelo si era diretto a Brienza con l'idea di prestarmi alla giustizia. Erano passati per la masseria di don Raffaele Paternoster alla Torre ed erano quindi giunti in quella di Luigi Paternoster all'Isca. Improvvisamente qualcuno aveva bussato alla porta. Appena aperta, si è cominciato il fuoco dalla parte di fuori a cui abbiamo corrisposto. Immediatamente cadde sotto i colpi Salvatore di Francavilla, poi anche gli altri due compagni rimasero uccisi.
Francesco tentò di giustificarsi affermando di aver esploso solo due colpi, dirigendoli peraltro contro Donato Fascillo. Confessò che mentre stavamo sotto il comando di Crocco eravamo mantenuti da essa comitiva. Disse pure di aver ricevuto, il giorno prima, dal prete Luigi Colangelo pane e formaggio nella sua masseria di Pezza Farina.
Francesco, domandatogli di sottoscrivere ha detto non saperne .
Il verbale dell'interrogatorio di Di Mare è riportato qui di seguito.
Interrogatorio del brigante Francesco Di Mare di Cataldo di anni '20
Circa due mesi indietro partivo per Potenza mi recavo a Ruvo per travagliare sulla strada. Giunto nel bosco di Lagopesole sotto il castello perché vestivo tuttavia pantaloni e giacca di guardia mobile, i Briganti della comitiva di Crocco che mi uscirono davanti mi volevano ammazzare. Ma per fuggire la morte dissi di essere pronto andare con essi, come feci, e dove sono trattenuto fino a 20 giorni indietro. Dietro una sconfitta avuta dalla truppa e guardia nazionale unitamente a me venne Salvatore, di cui non so il cognome, di Francavilla, disertore dell’ultima leva. Presi la strada del bosco di San Cataldo dove ci siamo trattenuti circa 15 giorni. Ci partiamo da questo bosco, ci dirigemmo a quello di Bella. Da questo bosco siamo ripartiti, abbiamo preso la volta di Brienza. Via facendo siamo entrati nel casino di don Filippo Giacchetti di Sant'Angelo le Fratte a Santa Maria Fellana e prima di arrivare ci siamo uniti con gli altri due di San Fele, a nome di Donato Chinicavo l'altro Donato Facillo, soldati sbandati del passato governo. In detto casino abbiamo dimorato per tre giorni e tre notti. Nello stesso non c'erano altri che il colono con la moglie e due ragazzi della provincia di Salerno. Prima di giungere in detto casino entrammo in una masseria a poca distanza e ci abbiamo preso un fucile paesano a… di un amico alla reale, a mezzo tenere, guarnito di ottone a due tenute mancante di una vita alla piastrina del fucile con bretella di cotone che consegnata a Salvatore di Francavilla, il quale qualche tempo prima nelle Puglie aveva perduto quello di cui era armato con un attacco della regia forza. Dal casino Giachetti abbiamo preso la volta del tenimento di Brienza con l'idea di volermi presentare alla giustizia. Sulle prime ci siamo diretti al casino di don Raffaele Paternoster di Brienza alla Torre; colà ci siamo trattenuti per poco tempo essendoci arrivati a 22 ore. A 24 siamo entrati nella masseria di Luigi Paternoster anche di qui alla contrada Ischia ci abbiamo fatto prendere una capra che il garzone del Paternoster a nome Michele Lopardo Scartiello che l'ha uccisa la stava scorticando. Verso un'ora di notte siamo stati sorpresi dai Carabinieri e Guardia Reale i quali hanno bussato alla porta della masseria. Il nominato Lopardo ha domandato chi è, si è risposto da fuori amici. A questa voce il Lopardo è andato ad aprire la porta e noi abbiamo preso posto. Non appena che si apriva l'uscio si è cominciato il fuoco dalla parte di fuori a cui abbiamo corrisposto. Al primo colpo è caduto morto il Salvatore di Francavilla, indi cadde morto Donato Chinicavo ed infine il terzo Donato Fascillo. Durante l'attacco ho tirato due soli colpi, uno col fucile l'altro con una pistola che ho diretto entrambi al mio compagno Donato Fascillo, indi mi sono presentato alla forza. Gli abiti che indosso mi furono mandati da Giuseppe Malvizzo di San Fele, dietro richiesta fatta con minaccia di uccidergli degli animali. I due ultimi, cioè Donato Fascillo e Donato Chinicavo, erano a cavallo presso Crocco, andavano per le campagne e per fine di cambiare il governo e per rubare. Nel manovrare il fucile è ricalcitrato e mi ha prodotto una ferita lacera. Mentre stavamo sotto il comando di Crocco eravamo mantenuti da essa comitiva. Meglio ricordandomi debbo dire che ieri mattina prima di recarci alla casa colonica del signor Paternoster fummo a quella del prete Colangelo Luigi in contrada Pezza Farina, avemmo da lui del pane e del formaggio. Domandatogli di sottoscrivere ha detto non saperne
Brienza 23 dicembre 1862
Michele Lopardo e Giuseppe Palladino, due garzoni di Luigi Paternoster - proprietario della masseria nella quale il Di Mare si era rifugiato - riferirono con sommaria informazione che proprio Francesco era stato il più accanito a sostenere il fuoco contro la forza pubblica, combattendo all'ultimo sangue e dicendo di avere altri dieci camerati, per spaventare la forza. I due testimoni sostennero pure che l'omicidio di Parrella era stato commesso da loro. Il Carabiniere Giovanni Proserpio confermò tali dichiarazioni.
Le dichiarazioni dei testimoni, tuttavia, invece di essere verbalizzate, furono sommariamente riportate in un appunto sottoscritto dai membri della Commissione.
Presa sommaria informazione da’ testimoni Michele Lopardo e Giuseppe Palladino fu Pasquale, garzoni di Luigi Paternoster, si è assodato che il brigante Francesco Di Mare è stato il più accanito a sostenere il fuoco contro la forza pubblica, e mentre il brigadiere Fiorentino Luigi loro intimava la resa il Di Mare rispondeva di far fuoco all’ultimo sangue, dicendo di avere altri dieci camerati, per spaventare la detta forza. Che l’omicidio di Parrella era stato assassinio loro, e che avevano mandato a chiamare lo zio di Pasquale Di Mare Tabbellone, che doveva andare la notte passata ad unirsi a loro, e la chiamata l’ebbe per Carmine Cafaro fu Raffaele. E finalmente dissero a’ nominati testimoni, di prestarsi da’ padroni per robba, con la minaccia di incendio.
Sentito ancora il carabiniere Proserpio Giovanni ed il Brigadiere sopra nominato si è raccolto quanto hanno dichiarato i due primi testimoni confermando le stesse deposizioni.
Chiamato il caporale, Giuseppe Colangelo, della Guardia Nazionale, ha confermato le predette dichiarazioni.
La condanna a morte fu deliberata senza indugio. Elementi determinanti furono considerati la confessione del Di Mare di aver fatto parte della banda di Crocco e le scarne dichiarazioni dei testimoni. Fu inoltre considerato che il Di Mare era caduto nelle mani della forza munito dell'arma (fucile) di cui si è servito contro di essa. Raffaele Perrelli, Alfonso Giampietro e Gabriele Iannelli deliberarono dunque che Francesco fosse fucilato oggi stesso alle ore 3 pomeridiane al Ponte Nuovo.
Il Sindaco Raffaele Perrelli
Alfonso Giampietro, Capitano della G. Nazionale
Gabriele Iannelli, Luogotenente della G. Nazionale
Considerando che Di Mare Francesco ha confessato di aver fatto parte per più di due mesi della comitiva di Carmine Crocco.
Considerando che dal deposto di tutti i testimoni uditi si ha che il detto Di Mare con altri tre compagni armati tutti di fucili ed altre armi abbia fatto fuoco contro la forza pubblica, senza volersi arrendere dopo essere rimasto unico superstite nel conflitto che è durato circa due ore, e che ha confessato pure a detti testimoni di aver consumato con gli altri tre suoi compagni due giorni or sono l’assassinio di un tal Parrella Vincenzo del Comune di Salvia.
Considerando finalmente che il ripetuto Di Mare è caduto nelle mani della forza munito dell’arma (fucile) di cui s’era servito contro di essa.
I membri della Commissione suddetta, giusta le disposizioni Governative del dì …
Deliberano che Di Mare Francesco sia fucilato oggi stesso alle ore 3 pomeridiane al Ponte Nuovo.
Brienza, 23 dicembre 1862
Il giorno successivo, i Carabinieri rimisero al Sindaco gli oggetti acquistati dai quattro Briganti morti nel conflitto: sei anelli, dei quali cinque d'oro, 2 orologi, uno d'oro e l'altro d'argento, quattro fucili, un portamonete con 37 carlini, 2 spulettiere con 16 cartucce.
Carabinieri Reali - Oggetto Processo verbale di trasmissione di oggetti rinvenuti --- Briganti
Oggi ventiquattro dicembre milleottocentosessantadue vero le ore undici antimeridiane, in Brienza (Potenza)
Noi sottoscritti Fiorentini Luigi, Brigadiere Comandante la Stazione e Carabiniere Proserpio Giovanni e Tavella Rommaso entrambi dell’arma a piedi e della qui citata Stazione coadiuvati da un drappello della Guardia Nazionale, trasmettono all’Ill.mo Signor Sindaco Locale gli oggetti acquistati dai quattro Briganti morti nel conflitto la notte del 22---23, del corrente.
Francesco Di Mare, Donato Fassillo, Donato Chivicavo e Salvadore di Francavilla cioè i seguenti oggetti primo 6 anelli cinque di oro ed uno falso, secondo 2 orologi uno di oro a saponetta ed altro di argento maschio a due casse.
Terzo 4 fucili da munizione 2 ed altri 2 da paesano cioè uno alla fulminante ed altro a pietra focaia;
quarto un porta monete contenente la somma di carlini 37 e grana 6
quinto 2 spulettiere contenenti nel mezzo 16 cartucce
di tutto quanto sopra abbiamo compilato il presente processo verbale di trasmissione dei seguenti sopra rammentati per quelle misure che la S.V. Ill.ma crederà opportuno.
Fatto e chiuso a Brienza addì 24 dicembre 1862 e ci siamo sottoscritti.
Complimenti per il rostro blog! Ho provato a contattarvi in privato ma non parte il messaggio. Avete una mail dove poseo scrivere? Grazie e complementi ancora!
RispondiEliminaGrazie mille. Può contattarci all'indirizzo email dynus44@hotmail.com
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